Niente paillettes e lustrini: un involucro rosso-arancio di migliaia di mattoncini rettangolari, imperfetti, opachi che custodisce ambienti datati e freddi, degni di una pellicola trash degli anni Settanta. In alcune zone si calpestano piastrelle verde ospedale, in altre lo sguardo non può evitare cavi d’acciaio che penzolano dal soffitto, in altre ancora le luci al neon colorano di giallo sbiadito spigole favolose, melanzane senza semi e cuori che non battono più.
Ottomila metri quadrati, duecento e più espositori, sessantacinque anni di vita: è il mercato di San Benedetto di Cagliari, tra i più grandi d’Europa, aperto ogni mattina dal lunedì al sabato. È il mercato dei cagliaritani, non c’è dubbio. Ma anche della gente di provincia, dei viaggiatori lenti, dei turisti d’assalto perché visitarlo è come stare sospesi su una bolla di umanità, genuinità e freschezza che è difficile trovare altrove in città, perlomeno in maniera così concentrata.
L’anima del mercato di San Benedetto è polposa, verace, succulenta. Passarci del tempo è un’esperienza di quelle da provare almeno una volta nella vita. Qui si mangia l’isola, si vedono personaggi da teatro e si vive un popolo intero: i venditori incantano, l’atmosfera è terapeutica. Una volta dentro si può scegliere di percorrere qualche scalino verso l’alto. O verso il basso.
Giù c’è un bianco morbido, c’è iodio ovunque, c’è un vociare che arriva sino alla strada e che all’inizio è quasi un fastidio, poi diventa una carezza. Ogni bancone è fatto di storie, di mappe, di segreti: qui trovi chi ti racconta come cucinare i granchi blu con la stessa poesia di un sassofonista di strada. Giù ci si immerge in un alfabeto senza punteggiatura: bicipiti tatuati e miti incorniciati sui muri.
Su è un attimo passare da zone proibite agli occhi di vegani e vegetariani, a box biologici con odore di terra non fertilizzata, a muri scrostati eppure incrollabili grazie alla fede appiccicata tra una bilancia e un calendario di sette anni fa.
Il mercato di San Benedetto è dove incontri un venditore di crostacei, occhi celesti e una vita non facile disegnata in faccia. Che ti chiede da dove arrivi, ti illumina sui pesci del tuo mare. E ti saluta con un ciao bellixe’*: ecco tutta l’intimità del mercato.
*bellixe’, forma confidenziale di “ bellixeddu/a” = bellino/a.
Foto © Monica Porcu