Questo è un confine che fa storia a sé, poiché non gode di un’indicazione topologica precisa e la labilità dei territori comunali appare anche dal punto di vista meramente cartografico in tutta la sua evidenza. Nonostante l’impossibilità di individuare il luogo preciso – per il semplice fatto che non è preciso – questo confine ha la stessa rilevanza degli altri confini. Non solo: ha la stessa composizione ambientale. Ci sono infatti le schiere di palazzi condominiali sul lato ovest e le basse costruzioni su quello est. Queste ultime ospitano, come mediamente accade, autorimesse, autoriparazioni, carrozzerie. Un simile angolo di città, se solo fosse posto in zona più centrale, potrebbe anche benissimo alloggiare in alcuni di questi capannoni attività distanti da quelle delle origini, come ad esempio gallerie d’arte, laboratori artigianal-artistici, club, associazioni culturali. Ci sarebbero serate a tema, con ospiti, con birra. O con salsa merengue tropical, seminari di cucine etniche, mostre fotografiche, concorsi.
Invece la carrozzeria, da queste parti, è una carrozzeria. Ci sono quelle fiancate sderenate di automobili, metalli contorti, superfici lisciate in fase di verniciatura. E c’è l’odore della verniciatura, buono e tossico. E il meccanico fa il meccanico, tutto sporco di olio lubrificante, di olio dei freni, che dichiara essere “ormai tutto materiale sintetico”. Benzinai propongono bollini concorso. Ci sono gommisti che hanno sempre forse la possibilità di trovare una gomma a un buon prezzo e di fare la rotazione delle gomme in modo che quella più disperata finisca di scorta – già, ma se nell’auto c’è il rachitico ruotino?
Passa un corso d’acqua interrato sotto l’asfalto. Finisce poi anche lui nel fiume distante. In un bar c’è un calcetto, ragazzi ci giocano. Dietro l’angolo del bancone c’è una tenda verde. Toilette. Si esce anche in un cortile con box auto. Nel cortile si apre anche il retrobottega del barbiere, un ragazzo con i capelli corti e un rigo di barba che zigzaga sulla guancia. Un barbiere che rade se stesso. Che dire ormai di questo confine senza indirizzo, irrecuperabile, analogo, simultaneo, pervicace? È forse una mera sintesi di luoghi diversi? O piuttosto è un’indicazione sibillina fornita così per gioco, per sfidare qualcuno alla ricerca del posto vero? Non credo che lo si possa sapere. Intanto è sera, chiudono i negozi.
Filosofia e coincidenze (uno scherzo ontologico). Il numero 20 (2/2002) , anno XLII, della “Rivista di Estetica” – curato da Achille Varzi e Luca Morena – è dedicato agli Oggetti Fiat. Tipici Oggetti Fiat sono alcuni confini, detti appunto “Confini Fiat” per distinguerli da altri confini detti “Confini Bona Fide”. La distinzione tra “Fiat” e “Bona Fide” la troviamo in un articolo firmato dallo stesso Varzi e da Barry Smith apparso sul numero 60 (2000) di “Philosophy and Phenomenological Research” e intitolato Fiat and Bona Fide Boundaries. In breve: i Confini Fiat sono frutto di attività cognitive umane, mentre i Confini Bona Fide implicano invece una discontinuità qualitativa, o comunque una qualche eterogeneità qualitativa, dei confinanti. L’analisi filosofica deve cimentarsi con quesiti circa l’adiacenza e la coincidenza degli oggetti confinanti, o dei punti che compongono la linea di confine, e così via. Ma qui ora sono altri tipi di coincidenze che saltano all’occhio. C’è una sottile ironia nel fatto che mentre stiamo parlando proprio dei confini di Torino ci imbattiamo in confini filosoficamente chiamati, con voce latina, «Fiat». La nostra città ha una certa esperienza di Oggetti Fiat, intesi come automobili. Dovremo quindi sospettare che anche i confini della città, o almeno alcuni di essi, abbiano quello stesso marchio di fabbrica? Nei confini, intesi come limiti, di questa città c’è forse lo zampino della casa automobilistica? È, questa intera metropoli, un Oggetto Fiat? O non piuttosto un Oggetto Bona Fide? E il confine – chiedo a Varzi e a Smith – tra i Confini Fiat e quelli Bona Fide, è un Confine Fiat o un Confine Bona Fide? E l’automobile è il prodotto di un’attività cognitiva umana (sono umani gli ingegneri?)? Se lo è, è un Oggetto Fiat. Ma in questo caso anche le Mercedes, le Ford, le Peugeot, le Hyundai, le Chrysler, le Bmw, le Jaguar, le Aston Martin, le Volvo, le Porsche, le Renault e così via sarebbero tutte Oggetti Fiat. Ecco risolta, un po’ “alla silviona”, la crisi del settore automobilistico italiano.
(“I confini di Torino” sono stati scritti per il supplemento settimanale Torinosette della Stampa, uno alla settimana. Poi i testi sono stati raccolti in volume dall’editore Quiritta [Roma, 2003], con l’aggiunta di un commento in corsivo a ciascun pezzo. Ora sono corredati con fotografie dei luoghi in questione scattate dopo vent’anni dall’autore dei testi).