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I confini di Torino / 1

Nei dintorni di questo confine tra Torino e Venaria, strada Lanzo, guardarsi intorno: cercare la volpe. Ci sono vari piani su cui posare lo sguardo. Quello che si percorre passando e ripassando il confine e quelli che, scalando, scendono come fotogrammi di una frana. La strada in una deviazione conduce poco avanti, e una scritta segnala sulla facciata di un edificio che la provincia in cui siamo è quella di Torino.

Sotto scorre la tangenziale e chi si affaccia a guardarla vede la morbidezza del percorso non rettilineo, l’infrastruttura aliena così utile agli spostamenti. E più sotto scorre il fiume, che in maniera molto precisa ci sorprende con la vegetazione delle sue sponde, la tenda vegetale che ripara e contiene la mossa acquatica nelle anse. Cercare un ponte pedonale nel tragitto verso la Reggia di Venaria Reale.

E fra tralicci, tangenziale e Stura intravedere oltre le graticciate e i cancelli alcune aree per magazzino a cielo aperto. C’era una partita di calcio in corso, nel campo che si apre lateralmente in territorio torinese lungo il rettilineo, e si potevano indovinare i colori delle maglie da uno spiraglio passando in automobile: i gialli e, probabilmente, i blu. Auto parcheggiate fino al confine comunale: cercate con lo sguardo la volpe, così quando a piedi percorrerete il tratto fra le due ali di edifici che portano all’ingresso della Reggia, considerando il timbro di colore degli intonaci e l’assoluta urgenza che tutto il tragitto riprenda ciò che gli è dovuto, la dignità scenografica di introduzione allo spettacolo e quella narrativa di premessa al racconto, lo spirito della volpe che ritorna dai nascondigli nei boschi vi terrà compagnia.

Foto © Dario Voltolini

Intanto qualche automobile supera nelle due direzioni il confine. Nell’abitacolo di quella blu l’autoradio trasmette le opinioni di uno scrittore su un film. La voce si mescola a quella dei conduttori e delle conduttrici del programma e dei programmi di tutte le radio in ogni ora per tutto il giorno, mentre altri abitacoli di altre automobili racchiudono voci e musiche e notiziari.

Alcuni edifici si alzano per più piani da un terreno isolato, un quartiere nato simultaneamente e cresciuto in verticale. Quasi tutti i luoghi che la tangenziale tocca sono invisibili per chi viaggia mentre da ciascuno di quei luoghi la tangenziale è invece ben visibile. Un’autoradio sta trasmettendo Perfect Day di Lou Reed.

Ora non abito più nella casa in cui abitavo in quei giorni, la casa che con due soli semafori ti portava sulla tangenziale, poi sui raccordi e infine sull’autostrada per Aosta. Quando lavoravo a Ivrea l’imboccavo ogni giorno, dal lunedì al venerdì. Al ritorno, d’inverno, nel buio il rientro in città era spesso faticoso. Era una casa che ho visto costruire giorno dopo giorno mentre passavo sul corso per andare nelle valli del Canavese, a Valperga, dove in qualità di Forza Assente svolgevo il mio servizio civile. Venti mesi era la durata, allora. La forma dell’edificio è una piramide tronca di base quadrilatera scalena. Quando nostra figlia è nata abitavamo ancora lì.

(“I confini di Torino” sono stati scritti per il supplemento settimanale Torinosette della Stampa, uno alla settimana. Poi i testi sono stati raccolti in volume dall’editore Quiritta [Roma, 2003], con l’aggiunta di un commento in corsivo a ciascun pezzo. Ora sono corredati con fotografie dei luoghi in questione scattate dopo vent’anni dall’autore dei testi).

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