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Inverno berlinese

È probabilmente la giornata più fredda dell’inverno, la temperatura è scesa a -8, sono le tre del pomeriggio di un martedì. Il Rolandufer è semideserto, la strada ghiacciata. Due ragazze sulla ventina se la ridono cercando di non scivolare sull’acciottolato, si sorreggono l’un l’altra a fatica. C’è il silenzio ovattato dei giorni gelidi, nel porticciolo sulla Sprea alcuni battelli turistici galleggiano in attesa di tempi migliori. Sullo specchio d’acqua si riflette il profilo gotico del Märkisches Museum, imponente sull’altra riva con la sua torre di mattoni rossi e il suo tetto di rame appuntito e ossidato; alle sue spalle, in lontananza, una ciminiera sputa una scia di fumo che si alza delicatamente per qualche decina di metri. In cielo non c’è traccia di nuvole, non era così terso da mesi – quante volte accade in questa stagione: due? tre? quattro? Cammino sul lungofiume, attento anch’io a non scivolare, mentre gli ultimi raggi di sole vanno a morire sui finestroni degli edifici sull’altra sponda. Domani Berlino sarà forse di nuovo grigia, a suo modo esteuropea, e se nevicherà ci sarà un paesaggio lunare popolato da tanti goffi cosmonauti metropolitani. Ma oggi pomeriggio, qui a ridosso della Sprea, la città somiglia un po’ a Lubecca, a Danzica, ad Amburgo.  Risalgo con prudenza la scalinata verso il Nikolaiviertel, il vento pungente mi schiaffeggia il viso, ed è in questo leggero spaesamento, in questo miscuglio improvviso di immagini urbane che riesco a riconoscere qualcosa di familiare, qualcosa che, a pensarci bene, ha a che fare più col tempo che con lo spazio: questo è l’ennesimo lungo inverno berlinese.

Foto © Roberto Sassi
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