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La stazione delle mele

Sulla banchina della stazione di Almaty 2 vendono mele. Tantissime mele. Le smerciano senza insistenza alcune signore avanti con gli anni: in testa un foulard colorato, sulle spalle un gilet rosso, come fosse la loro divisa ufficiale. Mele rosse, mele grosse, mele golden, mele verdi come nella pubblicità di un vecchio dentifricio, meline di un rosso tendente al pallido, meline piccoline e butterate, mele gialle, mele di due colori. Mele a secchiate. Nel senso che si acquistano a secchi: un chilo costa 280 tenge (mezzo euro), un secchio sono tre chili, 15/20 mele.

I passeggeri le comprano per il viaggio, che può durare un giorno e mezzo, anche due notti se vai fino ad Aktau sul Caspio. Ma è più probabile che le comprino per portarle a casa: un acquisto impulsivo per chi va di fretta, ottimo per farle gustare come prodotto tipico della città delle mele (Almaty vuol dire proprio quello), esattamente come si comprano le mozzarelle di bufala alla stazione di Napoli e gli arancini a Messina. Solo che qui le mele le vendono sul marciapiede, signore accovacciate sulle ginocchia accanto ai loro carretti, in attesa di un acquirente tra chi aspetta i treni per Aktau, 23.58, e Atirau, 23.46. Vista da fuori la stazione Almaty 2 si potrebbe scambiare per il Parlamento: è tutto molto grande e regale, dalle colonne doriche ai mosaici sovietici. A differenza di un parlamento i bar sono aperti anche di notte. Che poi, bar: sono chioschi che vendono cose – acqua, snack, fazzoletti, birre, bibite, fiori – e occasionalmente anche caffè. Ma in questa stazione ci sono anche un hotel al secondo piano, due cambia valute, agenzie viaggio, due punti informazioni e un sacco di gente addormentata che aspetta di prendere altri treni che passeranno nella notte. Perché la stazione non chiude, le ferrovie kazake non si fermano. E così anche le mele si vendono 24 ore su 24. Quando le compri però non ti danno il secchio, solo le mele, in un sacchetto di plastica. Poi si parte.

Foto © Mauro Lucato
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