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L’odore della festa

La mattina del terzo dì di festa il sibilo leggero del flauto del fabioler si diffonde per le strade di Mahon. Giacca nera, pantaloni bianchi, un cappello da rivoluzionario francese, in groppa a un asino nero che incede stanco come il suo padrone il fabioler batte con ritmo pacato sul tamburo e dà fiato al flauto per annunciare la buona novella: la festa non è finita. La maggioranza ancora dorme, qualcuno non è mai andato a dormire. Sono le sette e mezza del mattino, giù al porto hanno già attraccato due navi da Barcellona e una bettolina rossa e gialla. Batte bandiera portoghese, rifornisce – due volte al mese – Minorca di gas. Una brezzolina fresca da occidente, eppure sulla città aleggia un persistente odore di cavallo: merda di cavallo. Secchio e paletta i netturbini provano a ripulire le strade: con le scope di saggina sfregano sulle chiazze scure, bagnano ma senza candeggina gli aloni di piscio, raccolgono con i palettoni quel che i cavalli hanno disseminato. Occhio non vede, ma naso sente. Come un topo rapito dal fischio del pifferaio magico che attraversa Mahon in groppa all’asino, vago in cerca di un caffè aperto dove fare colazione. E mi viene da pensare a quanto dovesse esser dura a livello olfattivo vivere all’epoca di carrozze e carretti. Per strada risuona uno scalpiccio di zoccoli sull’asfalto, «Bom dia». Cappello in mano i cavalieri salutano i pochi che incontrano mentre si raccolgono per il caragol, il giro della lumaca, altro atto della Mare de Déu de Gràcia de Maó. Papàpara papàra papam papà. Nella testa risuona incessante quella specie di valzer con cui cavalli e cavalieri la sera prima hanno danzato nella piazza del Municipio, alzandosi sulle zampe posteriori come a salutare la folla. E hai come l’impressione che tutti lo canticchino. Ma è un’impressione, una sola cosa è certa: ovunque resiste l’odore di merda. L’odore della festa.

Foto © Tino Mantarro
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