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I segreti della Virgen del Carmen

Mio nonno il giorno in cui mori non volle l’estrema unzione, era ateo in un paese di cattolici ed era liberal in un paese di conservatori. Horacio Quintero era un uomo all’antica, un uomo di parola, non parlava molto e camminava guardando per terra con le braccia incrociate dietro la schiena. Non andava a messa e ne andava fiero. Ogni mese dopo il raccolto portava in una busta dei soldi alle suore di clausura del Monastero della Virgen del Carmen, nel suo paese, Villa de Leyva.  

Villa de Leyva si trova sulle Ande colombiane, a 2149 metri d’altitudine, e si raggiunge facilmente dalla capitale Bogotá dopo tre ore di viaggio in macchina. La strada per arrivare al paese è buona e moderna, in alcuni tratti si sale fino ai 3000 metri e il viaggiatore può essere colto da una certa sensazione di spaesamento, gli abitanti del posto dicono che è il soroche o mal di montagna. Una volta arrivati, Villa de Leyva sembra un tipico pueblo blanco dell’Andalusia spagnola: case bianche, basse, strade larghe. Fondata nel 1572 dagli spagnoli nel posto dove si trovava il villaggio indigeno di Zaquencipá, il paese è stato costruito seguendo alla lettera  i dettami del re Filippo II, che nelle “leyes de indias” ordinò che ogni città o paese fosse costituito da una piazza centrale attorno alla quale si ergevano la chiesa e il municipio. 

La piazza di Villa de Leyva è la più grande della Colombia, una enorme piazza di pietra, sembra di camminare sul letto di un fiume. Nonostante la mia famiglia materna sia di qui e io da bambina vi abbia trascorso tutte le vacanze, ogni volta mi sorprende la bellezza del posto e la grandezza della piazza. Oggi il paese tranquillo e impassibile dei miei ricordi non c’è piú, Villa de Leyva è diventata una meta turistica ambita, apprezzata sia dagli europei e americani che dal turismo nazionale. E come ogni luogo che diventa turistico fatica a mantenere le sue tradizioni e la sua identità. Una delle ultime festività autentiche  rimaste è la Fiesta de la Virgen del Carmen, che si tiene dal 14 al 17 luglio, quattro giorni in cui si festeggia la vergine patrona del paese. La festa del Carmen è l’ultima testimonianza di una tradizione ereditata dagli spagnoli carica di simboli indigeni e folclore locale. Per l’occasione i contadini scendono da tutte le valli e montagne della zona e per quattro giorni si vive un atmosfera di spiritualità, festa e musica. Sono fortunata a essere qui proprio in quei giorni e decido di sfruttare ogni giornata, partecipando a ogni evento. Mia zia Adriana abita ancora in paese e sa indicarmi dove è meglio andare e con chi parlare; mi sento una straniera nella mia terra e ciò mi permette di avere uno sguardo curioso. 

Foto © Camila Hofman Quintero

Il Monastero della Virgen del Carmen, dove attualmente risiede una comunità di suore carmelitane, è il luogo in cui viene custodita la statua della Vergine, fu fondato nel 1645 dagli spagnoli e in origine furono sette suore di clausura provenienti dalle famiglie spagnole nobili che si erano trasferite nelle nuove terre d’America. Il regolamento del monastero era molto chiaro rispetto alla clausura: tutte le porte dovevano essere chiuse e l’ingresso di qualsiasi persona al monastero doveva essere autorizzato. Le suore carmelitane erano, e sono, dedite a una vita contemplativa e di preghiera. La gente del posto va da loro per chiedere la benedizione ma soprattutto per essere ricordati nelle loro preghiere. Pur non essendoci più l’obbligo di clausura, le suore carmelitane raramente escono dal loro convento e il luogo ha conservato nel tempo quel fascino di mistero e santità. 

Il monastero e la cattedrale del Carmen si trovano in una delle vie laterali alla Piazza centrale, un luogo molto tranquillo e ritirato nonostante si trovi in centro. Passeggiando per i corridoi del monastero si respira molta calma e si ascolta silenzio. Il primo giorno della festa della Virgen, il 14 di luglio, è dedicato alla messa nella chiesa del Carmen. La messa è a mezzogiorno e sono presenti tutte le autorità del paese, le famiglie più importanti e molti contadini che per l’occasione indossano il miglior capello e il miglior vestito. Essendo una società prevalentemente agricola è molto stratificata, le differenze economiche e sociali sono ancora piuttosto evidenti. 

Foto © Camila Hofman Quintero

Dopo la messa che sembra durare un’eternità  escono tutti al piazzale di fianco alla chiesa del Carmen per un brindisi. Mi offrono un bicchiere di whisky e brindo divertita alla Virgen del Carmen mentre in sottofondo si avvicina la banda del pueblo che suonerà pezzi di musica popolare. C’è un’aria di festa, la gente si saluta e si scambia gli auguri, tutti si conoscono. Dalle cinque del pomeriggio in poi nella piazza principale, la plaza, ci saranno gruppi di musica popolare, sono le berbenas o feste di paese, in cui la gente balla e beve. Sacro e profano convivono con allegria e senza troppi problemi.

La seconda giornata più importante, il giorno in cui esce la Virgen dal monastero del Carmen, la portano in spalla los cargueros dei devoti che da generazioni si tramandano il ruolo. Arriviamo presto perché non voglio perdermi l’uscita dalla porta del monastero della Virgencita. Intorno a me ci sono tantissime persone, si percepisce un’aria di commozione e solennità. I frati carmelitani camminano indaffarati avanti e indietro con le loro tuniche bianche che galleggiano in aria, c’è un intenso profumo d’incenso. Le campane della chiesa del Carmen suonano senza sosta con un ritmo frenetico, annunciano qualcosa d’importante. Se non sapessi che si tratta dell’uscita della Virgen dal monastero penserei che è successa una catastrofe. 

Foto © Camila Hofman Quintero

La Virgen del Carmen sta per uscire, di fianco a me c’è un uomo robusto, lo stereotipo del macho latino con baffi e cappello. La Virgen del Carmen esce, l’uomo scoppia a piangere con forza, sconsolato come un bambino e a quel punto anch’io non riesco a trattenermi e qualche lacrima scende senza che possa farci niente. Tutti applaudono e un frate inizia a urlare al microfono «Eccola qua, la Virgen del Carmen, la nostra madre, la mechudita (la ricciolina), è arrivata e siamo contenti, lei ama tutti noi ed è qui per proteggerci». Partecipando alla festa capisco l’importanza che ha per la comunità sentirsi protetti e amati, una comunità che nella sua storia ha sofferto e vissuto periodi di violenza e soprusi dall’epoca coloniale fino alle guerre politiche più recenti. Mi ricordo allora della storia che lega mio nonno Horacio alla Virgen del Carmen. 

Durante l’epoca della violencia, nel 1946, lui era uno dei leader liberali della zona. Era un periodo in cui liberales e conservadores si uccidevano senza riguardo, e in quei frangenti mio nonno riuscì a salvarsi la vita proprio grazie alle suore che lo nascosero all’interno del convento. Ma subito dovette scappare da Villa de Leyva dove stavano per uccidere lui, suo fratello e la mia bisnonna. Tutta la famiglia si nascose in esilio a Bogotá per quattro anni prima di poter tornare in paese. Ecco perché lui, ateo e liberale, fu sempre grato alle suore del Carmen.

Il terzo giorno, il 16 luglio, è la giornata della benedizione dei mezzi di trasporto. I proprietari di camion, trattori e altri veicoli li portano la sera per farli benedire con l’acqua santa della Virgen del Carmen dai frati Carmelitani, che saranno impegnati in questo lavoro per tutta la giornata. In queste sere di festa c’è un gran chiasso per strada, le auto suonano i clacson, alcuni camion fanno un rumore intenso e prolungato, che sembra quello delle navi che si avvicinano al porto. Sono completamente stordita dalla quantità di gente e dal frastuono. Ne approfitto per entrare in uno dei caffè del paese e fare due chiacchiere. La signora Cristina Madero, la cui famiglia vive qui da generazioni, mi dice che le feste non sono più quelle di una volta, ci sono molti meno contadini che partecipano. Il paese è diventato troppo costoso per loro, las tiendas o negozi popolari in cui poter procurarsi del cibo e qualche bibita a poco costo sono state rimpiazzate da costosi bar e caffè per turisti. Inoltre molti di questi negozi chiudono in concomitanza della festa del Carmen, «i contadini sono mal visti, rovinano gli affari», mi dice la signora Madero. La giornata finisce, vado a letto abbastanza presto, mentre in lontananza sento ancora l’eco dei clacson.

Foto © Camila Hofman Quintero

Durante l’ultima giornata, il 17 luglio, da programma la Virgen del Carmen fa un lungo peregrinaggio per le vie del paese fino ad arrivare alla piazza centrale dove è prevista una messa a mezzogiorno. Dopo la messa la statua verrà riaccompagnata in processione dentro il monastero dove rimarrà in custodia alle suore, hermanitas del Carmen, fino alla prossima festa. Mi sistemo su uno dei balconi delle case coloniali della piazza principale. Ne ho abbastanza di stare tra la folla, cerco una prospettiva dall’alto. L’ultimo giorno è il più affollato. Sono arrivati tutti i contadini che hanno deciso di partecipare solo all’ultima giornata senza dover dormire in paese. Per l’intera giornata Villa de Leyva torna a essere dei suoi abitanti. Si respira un’aria di gioia e la gente ovunque è incredibilmente gentile. Mi stupisco della semplicità e dell’allegria di questa giornata. 

Foto © Camila Hofman Quintero

In origine la regione di Villa de Leyva era abitata dagli indigeni Muiscas e Chibchas, una popolazione pacifica la cui divinità principale era la dea Bachué. Il mito di Bachué racconta che la dea uscì dalla laguna di Iguaque, un lago situato in una delle montagne intorno a Villa de Leyva a 3000 metri e insieme a suo figlio popolarono la terra. Lei insegnò ai suoi figli a tessere, a costruire capanne, a coltivare e a lavorare i metalli. Suo marito insegnò loro i valori della vita e l’arte della guerra. Quando Bachué vide che la terra era popolata decise di far ritorno alle acque della laguna di Iguaque. Accompagnata da una moltitudine di persone, dai suoi figli, scomparve nella laguna. Guardando la folla in piazza in questa giornata di festa, mi torna in mente il mito di Bachué, e penso che in fondo sto assistendo allo stesso rituale. Bachué e la Virgen del Carmen custodiscono lo stesso segreto, i valori, le tradizioni di una cultura e di un popolo che si riunisce in queste giornate per festeggiare e stare insieme. E grazie alla Virgen del Carmen in questi giorni sento di aver ritrovato un luogo della memoria. Un luogo dove mi sento finalmente a casa.

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