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Prossima fermata: Quartiere Adriano

Vivere in un quartiere giovane vuol dire cambiare spesso panorama e punti di riferimento e non accorgersi dei cambiamenti lenti e inesorabili fino al giorno in cui cammini per la solita strada e ti chiedi: “Ma questo condominio prima c’era?”. Quartiere Adriano, periferia nord-est, Milano, “in fondo a via Padova, verso Crescenzago, prima di Sesto San Giovanni”: tre piccole aggiunte per dare qualche coordinata in più, che con i punti cardinali a Milano si orientano solo gli americani, e far capire la collocazione del quartiere. Che si scopre, tuttavia, non così recente come sembra e con un’origine legata alla peste. Costeggiando il naviglio della Martesana e svoltando a sinistra, si percorre via San Mamete. Al civico 50 c’è una targa curiosa, incastonata in un angolo e difficile da notare: “Ex via già lazzaretto”. Tra il XV e il XVI secolo Milano, come tutta Europa, era continuamente flagellata dalla peste. Fu costruito un ricovero per i malati, fuori dalla città. La scelta cadde su questo borgo, che poteva contare anche sul naviglio – aperto nel 1471 – per il trasporto dei contagiati sulle barche. Fu edificata anche una chiesetta dedicata a San Mamete, la zona era costellata da cascine vista la vicinanza ai boschi. Questo luogo di culto (nota come “stalla cattedrale”) con il tempo divenne inadeguato per accogliere i fedeli. La diocesi decise per una nuova chiesa, Gesù a Nazaret, costruita come tanti altri edifici verso la fine degli anni Ottanta. Il parroco di allora, don Egidio, con spirito profetico volle come patrono della neonata comunità Charles de Foucald, conosciuto nel mondo cattolico e di altre confessioni per il suo spirito di apertura all’altro e per aver vissuto tra i tuareg in Nord Africa, una scelta forte e per quel periodo rivoluzionaria. La curiosità è che il religioso francese non era né beato né santo, piccola anomalia per un patrono di una parrocchia. Questa “macchia” nel suo curriculum è scomparsa nel maggio 2022 con la canonizzazione da parte del Papa.

La vocazione al verde, che va a braccetto con la cementificazione, si conferma anche oggi per la presenza parco Adriano. All’imperatore romano, simbolo dell’apertura mentale verso nuove culture (anche lui dopo de Foucald), è dedicata la via che divide in due questo quartiere di periferia che, per sua natura, è “aperto” verso l’esterno: da un lato le residenze più recenti, circondate dal verde, dall’altro quelle più antiche. Condomini nuovi, che spuntano come funghi, sono abitati soprattutto da giovani coppie: padre, madre e due-tre figli, un numero che rende il quartiere giovane. A un bizzarro fungo somigliava la torre piezometrica in via Gassman, che riforniva d’acqua soprattutto le aziende dell’ex Marelli. In disuso, è stata abbattuta nel luglio 2020 per fare spazio a una futura piscina comunale, sempre d’acqua si tratta. Altro cantiere, altri lavori, altri anni d’attesa.

Ma ormai il quartiere è abituato. La struttura dava un tocco avveniristico alla zona e a molti mancherà quella sua figura riconoscibile a chilometri di distanza. Come altezza non è da meno, comunque, la torre Dacia di via Ugo Tognazzi: 77 metri e 22 piani la rendono l’edificio più alto in zona. Qui abita una piccola-media borghesia che ha scelto di vivere in una periferia, non lontana dal centro e circondata dagli alberi. La zona ha rischiato di diventare un quartiere-dormitorio, pericolo in parte scongiurato negli ultimi anni grazie a una serie di opere e servizi più o meno realizzati. Chi a fine anni Ottanta è venuto ad abitare da queste parti ha voluto fare una scommessa rischiosa: all’epoca c’erano tanta campagna e poche palazzine, era una terra di frontiera. Quest’ultima quasi sempre si modifica spostandosi un po’ più in là. Passo dopo passo, metro dopo metro, il quartiere Adriano si è agganciato sempre di più a Sesto San Giovanni, l’ex Stalingrado d’Italia, con le sue ciminiere e le acciaierie Falk.

Foto © Csa Studio

Negli anni hanno aperto grandi supermercati, Lidl ed Esselunga. La nostalgia dei piccoli negozi, di un passato che non c’è più, viene messa da parte di fronte alla comodità di questi giganti degli alimentari. Diversi i ristoranti e i bar, mentre alcuni negozi hanno chiuso, soprattutto nella parte dove ci sono i portici poco valorizzati. Un’occasione sprecata, perché i portici, con i loro giochi di luce e di ombre disegnati nelle prospettive, danno sempre un certo tocco romantico alle città. Anche il mercato, il sabato mattina, ha quel sapore del rimpianto, di un tesoretto non sfruttato in pieno. Le rare bancarelle e i furgoncini occupano pochi metri su un lato di via Adriano. In passato era in una strada periferica e non di grande passaggio, poi è stata decisa la nuova collocazione. Non mancano le piccole botteghe: meccanico, ferramenta, un panificio posizionato strategicamente vicino alle elementari, diversi barbieri e un casalinghi dove trovare di tutto, indifferentemente gestiti da italiani o stranieri. E la storica edicola cartoleria, all’ingresso di via Adriano, prima che la strada si allarghi. Per anni è stata gestita da Betty, che ha visto crescere i figli dei residenti e che sapeva meglio di genitori e alunni quale quadernone portare in classe. Non abitava nel quartiere, ma ci viveva sei giorni su sette, dalla mattina alla sera. A settembre è andata in pensione e al suo posto è subentrata una giovane donna egiziana. Dopo il passaggio di consegne, Betty per diversi giorni ha continuato ad andare nel negozio, non più suo ormai, per aiutare la nuova proprietaria. Uno pensa ai libri scolastici, alle copertine e, invece la difficoltà maggiore in una cartoleria è stare dietro ai bambini e alle loro collezioni: dinosauri, pokemon e calciatori. Anche le bustine si sono evolute: variano a seconda dei costi e dei contenuti. Per individuare una serie particolare («attenzione, deve essere proprio quella. No, questa non va bene, è un’altra») chiesta da un ragazzino, ci è voluta tutta l’esperienza di Betty. «Sono affezionata al quartiere, conosco più persone qui che a casa mia. Io e mio marito siamo anziani, è giusto farsi da parte», ricorda commossa incoraggiando la sua erede che, nei primi giorni di attività, ha messo sul bancone un cestino di caramelle per i bambini. Le ha regalate anche a quel ragazzino, ripagato in parte dalla delusione di non aver trovato le figurine che cercava.

I bambini, dunque. In un quartiere giovane non sorprende vedere sciami di piccoli, ragazzi e adolescenti andare la mattina nelle rispettive scuole. Tranne per le superiori, ci sono istituti di ogni grado: nidi d’infanzia, materne, elementari e ora le medie, quest’ultime «talmente attese che abbiamo una testimonianza fotografica di una manifestazione datata 1973», ricorda Marino de Stena, uno dei padri storici del quartiere e presidente dell’associazione ViviAdriano. E spiega: «Oggi al quartiere mancano ancora molti tasselli annunciati a più riprese. Si può citare un collegamento tramviario veloce (fino a Precotto per l’ennesima volta slittato entro il 2024 per via di alcune extra bonifiche, fino a Cascina Gobba entro il 2026, con i soldi del Pnrr) con strada e ciclabile che correanno in parallelo. Ma anche una piscina per la quale ci sono state almeno tre conferenze stampa di annuncio di inizio lavori da parte dell’assessorato competente; ma i lavori non sono ancora iniziati». Nel gruppo Facebook Sei di Quartiere Adriano se... hanno messo addirittura un “promessometro” che, con regolarità, pubblica le scadenze rispettate e i ritardi delle opere non ancora compiute. Proprio i cantieri per la nuova tramvia e le piste ciclabili sono cicatrici visibili che apparentemente sfregiano il quartiere. Ma i lavori, attesi da anni nonostante le amministrazioni si siano alternate come le stagioni, ha reso gli abitanti un po’ contadini: possono lamentarsi quanto vogliono, ma sanno già che dovranno aspettare prima di vedere il tram che li collegherà con viale Monza e, addirittura, con Cascina Gobba, snodi fondamentali per i trasporti milanesi. In queste due destinazioni ci sono le metropolitane con le quali Milano diventa più piccola, a portata di mano. Giovani e anziani, qui a Quartiere Adriano siamo tutti “umarèll”.

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